“[…] Tra i materiali che Mirella Bentivoglio decide di esporre si contano soprattutto fogli, fotocopie e libri: una scelta elettiva, di strumenti militanti, tascabili, domestici e casalinghi nel senso anche di materiale occultabile e personale, segreto o clandestino, ma soprattutto attestante una creatività mai pretenziosa, e solo necessaria. […] Un posto speciale Bentivoglio addirittura conferisce a ciclostilati e fotocopie, e alla virtù di riproduzione e diffusione gratuita e generosa che testimoniano; all’interno di una pratica economica virtuosa, la fotocopia diffonde idee e stemmi, proclami e rivendicazioni, scende in strada; le donne sono anche in ciò una comunità con modalità, virtù e usi studenteschi e da migliore gioventù sempre con pochi soldi e che progetta di abbattere musei, mausolei, colonne e pareti ed erezioni varie: di questa creazione fanno parte anche i diari e le conversazioni dal vivo o telefoniche torrenziali con le amiche.
Per Mirella Bentivoglio l’arte istituzionale dispendiosa museale attesta la stortura irrimediabile del potere patriarcale e di una civiltà maschile” […]
Giuseppe Garrera, in https://www.treccani.it/magazine/atlante/cultura/arte-collettiva-collezionare-la-rivolta-di-mirella-bentivoglio.html