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una lettera di magritte (traduzione di sandro sproccati)

UNA LETTERA DI MAGRITTE
A un critico d’arte che si era dichiarato indignato di fronte alle opere del pittore.

Caro Signor Dupierreux,
la stupidità è uno spettacolo assai increscioso ma la collera di un imbecille è qualcosa che può giungere a confortare. È per questo che io tengo a ringraziarla delle poche righe che ha voluto dedicare alla mia mostra. Tutti mi assicurano che lei non è che una vecchia pompa di merda e che non merita la minima attenzione. Inutile dirle che io non penso affatto che sia così, e la prego di credere, caro signor Dupierreux, nei miei migliori sentimenti.

Magritte, 3 maggio 1936

“italian arts united for palestine” _ lettera aperta per una presa di posizione rispetto al genocidio in palestina

TESTO IN ITALIANO [scroll for the English text]

PALESTINE: Lettera aperta per una presa di posizione rispetto al genocidio in Palestina

[scroll for ENG]

Noi, lavoratorз dell’arte e dello spettacolo in Italia, uniamo le nostre voci in questa lettera aperta per rompere insieme il silenzio che pervade gran parte delle istituzioni culturali del paese in relazione al genocidio in corso da parte dello Stato di Israele ai danni della popolazione palestinese.
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fernando arrabal al teatro della pergola

Fernando Arrabal al Teatro della Pergola

 

https://www.controradio.it/podcast/fernando-arrabal-al-teatro-della-pergola/

blablablaguard press. inc. / ugo carrega. (s.d.)

Ugo Carrega, BLABLABLAGUARD PRESS. INC.  TOOL IN ROTTA/ROTTA IN TOOL.
s.d. (foglio A4 dattiloscritto).

(Collezione Giuseppe Garrera).

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Testo leggibile anche in U.C., Commentario (Edizioni Morra, Napoli 1985), con data “1966”

bina 84

binalettera (a)periodica di scritture

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Con una segnalazione editoriale che è anche un omaggio a Emilio Garroni

è uscita ora l’ottantaquattresima “lettera aperta portatile (a)periodica” BINA

Da una mail a G* per “Superficie della battaglia” [giu.2006]

caro G***,

la sequenza di poesie Superficie della battaglia viene in qualche modo da un film, in verità. Nel senso che è nata mentre vedevo (o specchiavo in un modo strano, mentalmente) il film. Lo sognavo guardandolo: ne producevo varianti verbali, poi cose totalmente altre. Decisamente le poesie prescindono dalle scene, deviano – in fine. Semmai (me ne sono reso conto mesi dopo) si legano naturalmente a battaglie con avversari reali, non letterari, e con ammassi di oggetti, nevrosi non mie, trasloco, accumulo, dissoluzione; con l’ossessione di esaustione e con l’ossessione di dissipazione che in fondo fanno da radici a tante delle cose che càpita di pensare, fare, ‘vedere’ (ri-produrre: in immagini).

Kafka è il Classico tra i classici. Forse il solo autore moderno che si possa mettere in dialogo con i greci, con Cervantes. Le sue serpentine nel buio sono fuga e prigione (lo shelter, insomma). Una cosa molto ‘ebraica’, anche. (Il ghetto). Avverto questa cosa. Come nella traccia di Derrida/Adorno in https://slowforward.wordpress.com/2014/01/27/dal-2004/ (link precedente: http://www.slow-forward.splinder.com/1098026070#3173418).

La struttura del titolo “Superficie della battaglia” ha colpito anche me, qualche giorno fa, riflettendo proprio sul libro di Sartori; anche se è una prossimità non cercata né pensata […].

L’immagine di copertina è foto (elaborata) di un’installazione assurda che svetta su tutto il disastro delle masserizie, delle stanze. Sta per finire, tra l’altro: il giorno *** è la data ultima decisa per lasciare la casa. Quella sera mio padre non dormirà lì, […].

Finisce una vicenda iniziata nel 1967, circa. Sono quasi quarant’anni. Non è facile per me; immagino per lui. (Ma lui non ha fatto altro che seguire un suo piano meticoloso di disfacimento delle cose attraverso il loro accatastarsi. Me ne rendo conto e so anche che non posso aiutarlo; soltanto limitare i danni concreti che questa prassi ha portato nel tempo …).

Perdona tutte queste parole. Ma è che mi rendo conto che questa Superficie, prima e più ancora delle cose scritte prima del trasloco, dello scasamento, codifica qualche verità che non mi aspettavo.

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